Niente titolo - Antonio Giulio Botto
Nomadland (2020), diretto da Chloé Zhao e tratto dal libro Nomadland: Surviving America in the Twenty-First Century di Jessica Bruder, è un film che esplora la precarietà economica, la ricerca di libertà e il senso di appartenenza in un’America segnata dalla crisi finanziaria. Attraverso una narrazione intima e contemplativa, il film racconta il fenomeno dei “nomadi moderni”: persone che, spesso a causa di difficoltà economiche, hanno abbandonato una vita stanziale per vivere in furgoni o camper, spostandosi continuamente alla ricerca di lavori stagionali. Uno dei temi principali del film è la precarietà economica e il fallimento del sogno americano. La protagonista, Fern, interpretata da Frances McDormand, è una donna che, dopo la chiusura della fabbrica della città di Empire (Nevada) e la morte del marito, si trova senza una casa e senza una sicurezza economica. La sua scelta di vivere da nomade non è una ribellione romantica, ma una necessità dettata dalla realtà di un sistema che ha lasciato indietro intere generazioni di lavoratori. Il film mostra come la crisi del 2008 abbia costretto molte persone, soprattutto anziani senza pensione o con lavori precari, a reinventarsi in un’economia instabile. Attraverso una fotografia quasi documentaristica, Zhao ritrae la vita nei parcheggi di Walmart, nei campi di lavoro stagionali di Amazon e nei raduni di nomadi, mostrando come il nomadismo moderno sia una conseguenza della mancanza di un welfare adeguato e della progressiva erosione della stabilità economica. Uno degli aspetti più interessanti di Nomadland è il suo approccio ambiguo alla vita nomade. Da un lato, il film mostra il nomadismo come una forma di libertà, un’esistenza lontana dalle convenzioni sociali, basata su un rapporto diretto con la natura e sulla costruzione di una comunità solidale tra persone che condividono lo stesso stile di vita. Fern incontra altri nomadi che hanno trovato un senso di appartenenza in questa vita itinerante, dimostrando che l’essere senza casa non equivale necessariamente all’essere senza una comunità. Dall’altro lato, Nomadland non idealizza mai completamente questa condizione. La vita sulla strada è dura: il lavoro è precario, le risorse economiche scarse e la sicurezza minima. La solitudine e l’incertezza sono costanti. Il film esplora quindi il sottile confine tra il nomadismo come scelta e il nomadismo come necessità, suggerendo che per molte persone non si tratta di una forma di libertà, ma di un’alternativa obbligata all’emarginazione sociale. Un’altra tematica fondamentale è la tensione tra la necessità di connessione e il desiderio di indipendenza. Fern è una donna che, pur avendo legami significativi con altre persone, sceglie ripetutamente di rimanere sola. Durante il film, le vengono offerte diverse possibilità di stabilità: potrebbe accettare l’ospitalità della sorella, potrebbe iniziare una relazione più stabile con Dave (un altro nomade), potrebbe fermarsi in una comunità. Tuttavia, ogni volta Fern rifiuta queste opportunità, incapace di legarsi a una vita sedentaria. Questo conflitto interiore riflette una più ampia riflessione sull’idea di casa e di appartenenza. Il film suggerisce che per alcune persone la casa non è necessariamente un luogo fisso, ma uno stato d’animo, una condizione mutevole che può essere trovata nel viaggio stesso. Fern non è in cerca di un posto dove fermarsi, ma di un modo di esistere che le permetta di rimanere fedele a sé stessa. Nomadland si inserisce in un filone cinematografico che esplora l’America marginalizzata, dando voce a coloro che non rientrano nel mito del successo economico. Zhao racconta un’America lontana dalle metropoli e dai centri del potere, un Paese fatto di parcheggi, deserti, roulotte e strade infinite, abitato da persone che il sistema ha dimenticato. Il film non assume mai un tono apertamente polemico, ma la sua critica sociale è chiara: in un paese ricco e potente come gli Stati Uniti, ci sono milioni di persone che vivono in condizioni precarie, costrette a lavorare in condizioni fisicamente estenuanti senza alcuna sicurezza per il futuro. Attraverso la storia di Fern, Zhao mette in discussione il concetto stesso di stabilità economica e mostra come il capitalismo contemporaneo abbia generato una generazione di lavoratori itineranti, costretti a inseguire il lavoro piuttosto che a costruire una vita radicata in un luogo. Un elemento visivo e narrativo fondamentale nel film è la presenza costante della natura. I paesaggi vasti e incontaminati degli Stati Uniti occidentali accompagnano il viaggio di Fern, offrendo uno sfondo che amplifica il senso di solitudine ma anche di libertà. La natura in Nomadland non è solo un elemento scenografico, ma un simbolo della condizione esistenziale della protagonista. Il deserto, le montagne, il cielo aperto rappresentano sia la bellezza della vita senza vincoli che la durezza di un’esistenza priva di certezze. Fern sembra trovare conforto nella natura più che nelle relazioni umane, come se il paesaggio fosse l’unico luogo in cui potesse veramente sentirsi a casa. Nomadland è un film che esplora con delicatezza e profondità il senso di appartenenza, la precarietà economica e il conflitto tra libertà e sicurezza. Attraverso una narrazione intima e uno stile visivo che sfuma i confini tra documentario e fiction, Chloé Zhao racconta una realtà spesso ignorata, dando voce a una generazione di nomadi moderni che vivono ai margini del sistema. Il film non dà risposte definitive: non idealizza né condanna la vita nomade, ma la presenta nella sua complessità, lasciando che sia lo spettatore a trarre le proprie conclusioni. In questo senso, Nomadland è soprattutto un film sulla resilienza, sulla capacità di adattarsi e di trovare un senso di libertà anche nelle condizioni più difficili. Fern, alla fine del suo viaggio, non trova una casa nel senso tradizionale del termine, ma scopre una verità profonda su sé stessa: la sua strada non è quella del ritorno, ma quella del movimento continuo. In un’epoca in cui la stabilità economica è sempre più fragile e il concetto di casa è sempre più fluido, Nomadland si rivela un’opera di straordinaria attualità, un ritratto poetico e malinconico di un mondo in transizione, in cui la ricerca di un luogo a cui appartenere diventa una delle sfide più grandi della vita moderna.