Il coraggio di essere onde - Davide Parisi

È curioso, nella sua fatale tragicità, come la Storia sia destinata sempre a ripetersi. Nella mitologia Egizia la furia di Ra si abbatteva sugli infedeli in un tentativo di fermare la prima secolarizzazione. Lasciando sconsolato il trono alla sua progenie dell’Enneade, segnò l’inizio della seconda secolarizzazione: essi iniziarono sempre più a comportarsi come uomini, perdendo le caratteristiche divine. Dalla secolarizzazione nasce la nevrosi: la costruzione della torre di Babele, l’ascesa di nuovi Dei, uomini che diventano Dèi, la religione come strumento di potere. No Hegel, non avevi ragione, la Storia vive di cicli, ci hai illuso che non fosse così, e quando abbiamo scoperto il contrario ci siamo fatti male. Potremmo individuare la crisi delle società occidentali nel necessario passaggio tra nichilismo passivo ed attivo. È in questo contesto che si inserisce Nomadland, film di Chloe Zao uscito nel 2020. Film figlio del suo tempo, Nomadland parla di una donna anticonformista, Fern, che decide dopo la crisi economica del 2008 e una tragedia personale di vivere una vita alla giornata, viaggiando dove il vento la porta, libera da qualsiasi restrizione. Lei riscopre una vita nomade, senza una dimora precisa eppure proprio per questo più connessa alle proprie radici: come dice, non ha una dimora ma non vuol dire che non abbia un tetto. Il suo van diventa più che uno strumento di viaggio, diventa parte di lei, tanto da non potersene separare. Incontra molte persone sulla strada, molte delle quali trovano alla fine del viaggio uno scopo, perché è tramite il viaggio che sono riusciti a liberarsi dal dolore e dal passato. Fern invece non è come loro, per lei lo scopo è non avere uno scopo, non è -come dice la sorella- come quei i padri fondatori che alla fine loro hanno trovato la meta, la loro terra promessa: Fern vive per vivere, non vi è un senso necessario. Potremmo dire che le sue vicissitudini personali non sono la causa della sua scelta bensì la definitiva liberazione, per donna proprietaria di un cinismo che nella nostra società può essere invalidante, che pur di ottenere la libertà e il dinamismo esistenziale si è lasciata alle spalle tante opportunità e tanti affetti. In un mondo in cui il conformismo ha scippato l’anticonformismo, trasformandolo in conformismo mascherato in cui tutti si sentono alternativi, dall’alto del loro privilegio maldestramente nascosto e nella loro patetica ipocrisia buonista, il vero coraggio non è solo essere liberi, il vero coraggio è essere come quelle onde che Fern osserva dalla scogliera, indomabili, disordinate, dirompenti e tragiche, eppure libere, vive. Il dolore nel tempo di miliardi di anni vissuti da quell’acqua racchiuso in quelle molecole è ciò che rende le onde libere dal tempo stesso, serene nel loro esistere nonostante l’infinito ciclo della Storia. Non importa quanto sangue verrà versato in quelle acque, vi sarà sempre tenera dolcezza in quelle onde, la dolcezza della catarsi. Perché è proprio la catarsi di Fern il significato stesso della pellicola. L’accettazione del tempo che passa, l’elaborazione del lutto, fa capire a Fern definitivamente, dopo molte tentazioni di una vita stabile, che non si può fermare il tempo o racchiudersi in un nido pascoliano per proteggersi: la vita, dolorosa e complessa eppure anche meravigliosa, va vissuta così com’è, in continuo movimento, con la metà che è il viaggio stesso. Interessanti sono le similitudini tra il personaggio di Fern e Gep Gambardella della Grande Bellezza di Paolo Sorrentino. Questo improbabile accoppiamento di due personaggi socialmente e caratterialmente opposti non è tuttavia tranchant. Il positivismo subito conseguente alla morte di Dio con le sue relative nevrosi è ormai finito a Postdam entrando nel pieno nichilismo passivo che a volte, come oggi, può manifestarsi in un edonismo fine a sé stesso ed autodistruttivo. Il caos che viviamo è la volontà di sovvertire totalmente l’ordine precostituito, e possiamo ipotizzare l’avvento del nichilismo attivo per le forze che muovono il mondo verso una dimensione post umana e oltreomista, abbattendo ogni limite. Ecco che di nuovo la religione, che può essere il Dio antico come il Dio denaro o il Dio partito, diventa uno strumento di potere utile per guidare delle masse che alla fine non hanno alcuna intenzione di lottare per la libertà perché naturalmente non predisposte a sentirne Il bisogno. In questo contesto, sia Gep che Fern rappresentano la crisi esistenziale di un occidente in profonda sofferenza. Gep, con la sua vita sfarzosa e libertina, fugge dalla nostalgia e dalle delusioni di una vita mai davvero vissuta. È quando muore la donna che aveva rappresentato tanti anni prima quell'amore che lo aveva fatto sentire vivo che Geb inizia un percorso di catarsi, estranandosi dall’edonismo tossico in cui si è nascosto, arrivando alla consapevolezza della fugacità del tempo. Nell'accettazione tramite la catarsi del lutto egli è pronto per un nuovo capitolo della propria vita, esattamente come Fern dopo che elabora il lutto di suo marito e accetta la sua natura. Entrambi i personaggi, in modo diverso, passano da un edonismo passivo ad un edonismo consapevole, quasi positivo. Entrambi riescono a trovare la libertà non in uno scopo ma nell'assenza di esso, avvolti -metaforicamente- entrambi da quelle onde coraggiose e indomabili che tanto li hanno intrigati.

Nomadland movie poster featuring a person walking with a lantern at sunset, open landscape.
Poster of the film 'Terra e Libertà' by Ken Loach, featuring a sepia-toned photo of individuals in military attire with one holding a clapperboard, and a silhouette of a person holding a rifle and red flag.