Un viaggio in un’America eccezionale - Francesco Nannini
Nomadland è un film che esplora la solitudine, la resistenza e la ricerca di una casa nel cuore del paesaggio americano. Nomadland, diretto da Chloé Zhao, è un'opera che sfida le convenzioni del cinema contemporaneo, trascinando lo spettatore in un’esperienza intima e immersiva. Il film racconta la storia di Fern, una donna che, dopo la crisi economica che ha colpito una cittadina rurale, decide di diventare una nomade, spostandosi per gli Stati Uniti in furgone, alla ricerca di lavoro e di un posto da chiamare casa. Tuttavia, più che una trama convenzionale, il film è un viaggio attraverso emozioni e paesaggi, un'osservazione silenziosa della solitudine umana e della resilienza di chi si trova ai margini. La scenografia di Nomadland è uno degli elementi più potenti del film. Il paesaggio americano, con le sue immense distese desolate e le sue piccole comunità sperdute, non è solo il contesto in cui si svolgono gli eventi, ma diventa quasi un personaggio a sé stante, data la sua costante presenza. Ogni inquadratura sembra pensata per enfatizzare l’incontro tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda, tanto che sembra quasi che i pochi dialoghi nel film siano solo di contorno e il dialogo vero e proprio sia quello tra ambiente e personaggi stessi. Le location, spesso naturali e lontane dalla luce, amplificano la sensazione di isolamento e di ricerca interiore, ma anche di una sorta di libertà selvaggia che si sottrae alle definizioni convenzionali di casa. Il montaggio lascia ampio spazio per il silenzio e la contemplazione. In un film dove le parole sono poche ma significative, ogni scena viene trattata con un ritmo che permette di assaporare la bellezza dei piccoli gesti quotidiani e delle emozioni non esplicitate. Ciò conferisce al film una qualità meditativa, come se si fosse testimoni di una vita caratterizzata da lentezza. In questo contesto, il montaggio diventa uno strumento per esplorare le sfumature della solitudine e della connessione, rendendo ogni momento più significativo e denso di sensazioni. La colonna sonora di Nomadland, composta da Ludovico Einaudi, non è solo un accompagnamento, ma un elemento che accentua e amplifica il senso di intimità del film. Le note del pianoforte, delicate e mai invadenti, si intrecciano perfettamente con le immagini, creando un'atmosfera che sfiora la nostalgia ma anche una sorta di serenità riflessiva. Infatti, le scene hanno solo questo strumento, anche quando sembrano non essere adatte alle immagini: ciò conferisce quindi un senso di solitudine mischiato a serenità. La musica, che emerge in modo sottile ma presente, diventa perciò un linguaggio silenzioso che comunica ciò che le parole non possono. Nomadland non è solo un film sulla povertà o la migrazione, ma una meditazione sull'esistenza, sulle scelte e sul significato di casa. La sua capacità di coniugare paesaggio, suono e silenzio rende ogni scena una riflessione profonda sulla condizione umana. Se c’è qualcosa che il film riesce a comunicare con chiarezza, è che la ricerca di un luogo dove sentirsi appartenenti è un viaggio che non è mai veramente finito, ma che si evolve continuamente, in modo delicato ma irriducibile.