Lontani dalle radici, vicini alla libertà - Gaia Romana Nibbi
Nomadland (2020), diretto da Chloé Zhao, è un viaggio intimo e profondo che esplora il significato della libertà attraverso gli occhi di una donna che, a seguito della Grande Recessione, abbandona la sua vita precedente per abbracciare l'esistenza di una nomade. Il film, acclamato a livello internazionale, sfida il sogno americano, mettendo in luce le difficoltà di chi vive ai margini della società. Nel film, la libertà è tanto una ricerca quanto una necessità. La protagonista, Fern, si allontana dal suo passato, abbandonando la cittadina di Empire e la sua casa per vivere nel suo furgone. Questo cambiamento radicale si trasforma in una riflessione sul concetto di libertà: una libertà che non è fatta di infinite possibilità, ma di una scelta di vita che implica sacrifici, solitudine e accettazione del rischio. La protagonista non sceglie di essere libera da vincoli, ma di essere libera dalle aspettative e dalle convenzioni sociali che la imprigionano. Il suo viaggio attraverso gli Stati Uniti, con le sue soste nei parchi e le piazzole di sosta, diventa il luogo fisico e simbolico dove esplorare non solo il proprio io, ma anche la possibilità di una vita che, seppur precaria, è autentica. Il film di Zhao ci insegna che la libertà può essere un'illusione, ma anche un atto di resistenza, un modo di vivere al di fuori delle convenzioni imposte. È una libertà che non ha bisogno di etichette o approvazioni, ma che si fonda sulla capacità di scegliere e accettare ciò che siamo, nonostante le circostanze. "Ci rivedremo lungo la strada", dice uno dei nomadi alla fine del film, un'affermazione che suona come una promessa di speranza e di ritorno, di un legame che non si spezza mai davvero, anche nei momenti più bui. Così come la libertà, anche la speranza è una strada che si percorre, passo dopo passo.