Sulla strada con Fern: Il western americano dagli anni ‘50 ad oggi - Giordana D’Urso

Nomadland, diretto da Chloé Zhao, è un film che esplora la realtà di un'America contemporanea spesso invisibile, quella dei lavoratori stagionali e dei nomadi moderni. Tratto dal libro Nomadland: Surviving America in the Twenty-First Century di Jessica Bruder, il film racconta la storia di Fern, interpretata da Frances McDormand, una donna di mezza età che, dopo aver perso il suo lavoro e la sua casa a causa della chiusura di una fabbrica in una piccola cittadina del Nevada, intraprende un viaggio attraverso gli Stati Uniti, vivendo in un furgone e trovando lavori stagionali. Questo racconto, pur essendo ancorato alla realtà sociale e alle difficoltà economiche dei nostri giorni, attinge a tradizioni narrative americane più ampie, tra cui quella del viaggio e della solitudine, che nei decenni passati sono state esplorate dai western e dalla letteratura della Beat Generation, come On the Road di Jack Kerouac. Il film segue Fern mentre intraprende una vita da nomade, attraversando paesaggi mozzafiato e incontrando altri personaggi che, come lei, si trovano fuori dal sistema sociale convenzionale. Le difficoltà che affronta nel trovare lavoro sono simbolo di una crisi economica più profonda, che ha ridotto molte persone a vivere ai margini. Le sue esperienze non sono solo un viaggio fisico, ma anche emotivo e filosofico, un processo di accettazione di un'esistenza precaria ma anche di una sorta di libertà radicale. Nel cuore di Nomadland c’è l’idea del viaggio. Non è solo un percorso fisico attraverso l'America, ma anche una ricerca interiore, una riflessione sul significato della solitudine, della perdita e della resilienza. Il paesaggio diventa un elemento centrale del film, che non è più solo uno sfondo estetico ma un vero e proprio protagonista che dialoga con la psicologia del personaggio. La vastità degli spazi, la solitudine che li caratterizza, richiamano un'idea di "frontiera" che ci riporta alla tradizione del western. Ma mentre nel western degli anni '50 la frontiera era un luogo dove si stabilivano nuove comunità e si combattevano le ingiustizie, in Nomadland la frontiera è un luogo di abbandono e di disperazione. La solitudine di Fern, infatti, non è eroica come nei western classici, ma esprime piuttosto la condizione di chi è stato marginalizzato dalla società. Il western americano degli anni '50 ha spesso rappresentato l’eroe solitario, un uomo che affronta la vastità del paesaggio per imporre la propria giustizia, come accade in film come Shane (1953) o Il cavaliere della valle solitaria (1952). In questi film, il protagonista è una figura di forza morale e fisica, una sorta di "cavaliere errante" che si scontra con l'ingiustizia e, pur vivendo nell'isolamento, porta ordine in un mondo caotico. La solitudine in questi film è presentata come una scelta, un sacrificio per una causa superiore. In Nomadland, invece, la solitudine è imposta dalle circostanze. Fern non sceglie di essere una nomade per una missione eroica, ma perché non ha altra scelta. La chiusura della sua fabbrica e la perdita della sua casa la costringono a una vita “on the road”, un'esistenza precaria che riflette il crollo dell'industria e delle strutture sociali che definivano il "sogno americano". La sua lotta non è quella per la giustizia, ma quella per la sopravvivenza, per adattarsi a un mondo che sembra non avere più spazio per lei. La sua solitudine è una condizione di necessità, non una forma di eroismo. Inoltre, l’America dei western degli anni '50 era ancora quella di un "nuovo mondo" da conquistare, di terre selvagge che attendevano di essere domate. La solitudine degli eroi western era legata alla possibilità di creare qualcosa di nuovo, di "costruire" una vita. In Nomadland, la solitudine è legata alla distruzione di ciò che era: la fine delle fabbriche, la scomparsa di comunità intere, il dissolvimento di un'economia basata sull'industria. Il paesaggio, ampio e desolato, non è un terreno fertile per nuove opportunità, ma un vuoto che accoglie la fine del sogno. Un altro parallelo interessante può essere tracciato con la letteratura della Beat Generation, in particolare con On the Road di Jack Kerouac. Sebbene i protagonisti del romanzo di Kerouac siano giovani uomini in cerca di libertà, di esperienze e di autenticità, la loro "via della strada" è anche un atto di sfida contro le convenzioni sociali e il conformismo. La ricerca di una vita più vera e più libera passa attraverso il viaggio, l'incontro con altri e l'esperienza diretta. In Nomadland, il viaggio non è più un atto di ribellione o di ricerca di sé, ma una fuga da una realtà che non offre alternative. Se i protagonisti di On the Road si spostano per cercare un senso di comunità, identità e libertà, i personaggi di Nomadland sono spinti dalla necessità di sopravvivere. La libertà di Fern, pur essendo radicata in un desiderio di indipendenza, è più legata alla sopportazione della difficoltà quotidiana che alla ricerca di un senso superiore della vita. La "strada" di Fern, come quella dei personaggi beat, è un luogo di trasformazione, ma è anche una strada che sembra non portare mai a un arrivo definitivo. Nomadland offre una riflessione profonda sulla solitudine, la resilienza e la ricerca di una nuova forma di libertà. Pur richiamando l'immagine della frontiera e la solitudine dei protagonisti dei western e della Beat Generation, il film si distingue per la sua attenzione al lato oscuro della "modernità" e della precarietà sociale. Se nel western la solitudine è una scelta eroica, e nella Beat Generation è una ricerca di verità e autenticità, in Nomadland la solitudine è una necessità imposta dalle circostanze, un viaggio senza una fine chiara. In questo senso, il film di Zhao rilegge le tradizioni americane del viaggio e della frontiera, offrendo una visione disincantata e realistica di un'America che ha smesso di promettere, ma che continua a spingere i suoi cittadini a cercare di sopravvivere.

Nomadland movie poster with person holding lantern at sunset, open field background.
Poster for "Terra e Libertà" by Ken Loach featuring a group of five people holding rifles in a sepia-toned photograph, with a silhouette of a soldier holding a flag above the film title.