Sadismo, assurdità o pura realtà? - Bianca Althea Gioberti
The Lobster (uscito nel 2015, prodotto dal regista Lanthimos), un film grottesco, distopico che attraversa il tema dell’amore e dell’omologazione in modo assurdo e scioccante. The Lobster è un film con una trama apparentemente molto semplice: in un mondo distopico, le persone devono necessariamente vivere in coppia, o altrimenti vengono trasformati in animali. Ma cosa si potrà mai nascondere dietro un concetto così banale? Durante il corso del film, grazie a scene dal valore metaforico, si toccano i temi dell’amore, del conformismo, della trasformazione, dell’umanità ma, soprattutto, della libertà dell’individuo. Fin dai primi minuti l’amore viene inquadrato come un mezzo di omologazione, per rientrare nei canoni imposti dalla società. Il conformismo obbligato di “The Lobster’’ può essere considerato l’aspetto più disturbante dell’intero film. Tuttavia, il tema fondante è la totale assenza di libertà. Sì, il protagonista fa determinate scelte autonomamente, ma lo possiamo considerare veramente libero? Nel corso del film, il concetto di libertà è assolutamente soggettivo: da un albergo con l’obbligo di abbinarsi al bosco con l’obbligo di isolarsi (con un radicale cambio di atmosfera che rende ancora più suggestivo il contrasto), il protagonista si contraddice adattando il suo concetto di libertà al contesto, sentendosi in ogni caso fuori luogo. Sente indistintamente il bisogno di ribellione in cerca di una sua dimensione. È disposto a fare qualsiasi cosa pur di evadere quelle costrizioni che gli vengono imposte, anche cambiare radicalmente la propria identità. In fondo si tratta anche di questo. Il fatto che siano minacciati di essere privati della loro umanità spinge vari personaggi a modificare la propria identità. Sono tutti terrorizzati dalla trasformazione da umano ad animale (che è appunto, un umano senza la sua umanità). Sanno che verrebbero maltrattati o uccisi, quindi preferiscono annullarsi (o almeno provare a farlo) più che fare quella fine. La regia di Lanthimos, fredda, statica, perfetta e razionale, crea un tale contrasto con la cruenza delle immagini che finisce per diventare assurda. È proprio questa la particolarità dei suoi film (che è ricorrente anche nei film di Kubrick). Tutto è talmente assurdo che prende un valore metaforico. Ma il problema non è il fatto che sia tutto assurdo, il problema è relativo al mondo stesso. Con l’utilizzo del concetto conosciuto come “teatro dell’assurdo’’, attraverso metafore il regista mette a nudo la mente umana, smascherando la parte più disturbante di questa. Questo concetto viene erroneamente interpretato come sadismo, ma Lanthimos non prova nessun autocompiacimento attraverso scene radicali non necessarie: il suo obiettivo è quello di rappresentare l’odierna società in modo grottesco, portando all’eccesso determinati elementi. Il finale aperto rende tutto più confuso e genera un senso di smarrimento nello spettatore.