L’AMORE È CIECO (Una critica al conformismo che diventa sopravvivenza) - Davide Parisi

Certe volte dovremmo solo decostruire il costruito, dubitare dell’ovvio, purificarci dal marcio, diffidare di chi è certo. In un mondo dove il conformismo è l'unica sopravvivenza possibile, essere diversi è quanto mai sconveniente, eppure così essenziale. C'è da dire che l'individualismo è un'avanguardia della modernità: nel resto del mondo la concezione delle relazioni umane è collettiva ed assimilazionista. L'assimilazione, la generalizzazione e il conformismo sono strumenti di potere sempre utilizzati dai deboli per schiacciare i forti, quei forti che nella mediocrità appassiscono. L’uomo riesce a trasformare in abominevole il naturale, in malizioso il tenero e in glorioso il malato. L'Eros è un elemento naturale insito nella nostra psiche, non possiamo negare ciò che siamo, eppure o lo reprimiamo o lo priviamo del suo dinamismo. È in questo contesto che David, protagonista del film The Lobster (2015, per la regia di Yorgos Lanthimos), si inserisce, nella ricerca di un suo posto in un mondo di opposti, in cui le emozioni sono razionalizzate e meccanizzate, perché sia mai che l'Uomo per una volta non distolga l'attenzione sulla sua costante ricerca nel capire nel solo modo in cui vuole capire. Il conformismo serve ad omologare, serve a rivedersi nell’altro, riconoscendosi: non serve così la complessità dell'analisi, non serve pensare. Per l’omologazione ci sopprimiamo e sopprimiamo gli altri, non importa il prezzo, non importa l'amor proprio, non importa l'Io, solo il Noi. Ed ecco che nel futuro distopico di The Lobster o non è permesso stare da soli o non è permesso il contrario, l'omologazione deve avvenire a costo di tutto: a costo delle unicità, a costo della salute, a costo della propria vita. Perché il diverso in quanto tale è pericoloso, pericoloso per chi vive nella bolla e per chi la bolla l’ha creata. Perciò il diverso è scomodo e va punito, va disumanizzato, costretto a diventare una bestia perché quello è: una bestia che ha rifiutato di piegarsi, che ha rifiutato di omologarsi e “civilizzarsi”; perché è impossibile che un essere umano possa ambire a qualcos’altro che l’uguaglianza, perché è egoista far riflettere gli altri, attirare le attenzioni, decostruire le certezze. Ma benedetto sia quell’egoismo dico io! L’Umanità è ossessionata dall’abominevole distopia dell’uguaglianza, uno di quei concetti che nel nostro mondo sono scontati ma che scontati non sono affatto. Perché mai accettare la sfida serena della competizione naturale, perché mai accettare le diversità e le imperfezioni, perché mai cercare qualcosa di diverso da quello che si ha; è meglio credere che tutti gli esseri nascano uguali, che miliardi di anni di evoluzione e di strutturazione della catena alimentare animale non siano mai accaduti, che tutto si possa risolvere nell'involuzione, nel ritorno alle acque materne primordiali degli organismi monocellulari, nella disgustosa pace naturale che equivale alla morte del dinamismo e quindi della Vita stessa. La violenza distruttiva ed autodistruttiva, Thanatos, è complementare alla vitale creatività del piacere, Eros, in una danza infinita. Nella Metamorfosi di Ovidio il tema della perdita di identità come punizione o ribellione è un tema ricorrente. Il Mito di Apollo e Dafne ci fornisce una ninfa che piuttosto di accettare un amore non corrisposto perde la sua identità, divenendo arbusto. È necessario un doloroso coraggio per uscire dal conformismo, nella decostruzione di ciò che è già stato costruito, uscendo dalla caverna; sta a noi cercare di spezzare le regole, se solo si ha lo stomaco di accettarne le conseguenze. È questo, alla fine di The Lobster, il dilemma: vivere una vita quanto più illusoriamente felice accettando le regole del gioco o ribellarsi cercando di cambiarle. In ogni caso la sofferenza è ineluttabile.